Giornalista, scrittore, pacifista, Norman Cousins (1915-1990) doveva essere un tipo davvero in gamba: ha ricevuto qualcosa come cinquanta lauree honoris causa e numerosi premi e riconoscimenti tra cui la Medaglia della Pace delle Nazioni Unite.
A noi che ci occupiamo di risata terapeutica piace ricordarlo come colui che ha dato voce al potere
di questo approccio integrativo (che lui ha di fatto trattato come elettivo), compiendo di fatto la prima guarigione documentata (1964) da una malattia invalidante e potenzialmente mortale come la spondilite anchilosante (una rara forma di artrite degenerativa).
Nel suo famoso e stracitato libro Anatomia di una malattia. O la volontà di vivere (1979), Cousins illustra come dieci minuti di risata di pancia gli permettessero di liberarsi per un paio d'ore dal forte dolore che neppure la morfina era ormai in grado di attenuare.
A Cousins dobbiamo molto, dal punto di vista scientifico e divulgativo: è grazie alla Clinica della Risata "UCLA’S NORMAN COUSINS HOSPITAL CENTER INVESTIGATIONS" che Dr. Lee S. Berk e altri neurologi e scienziati hanno potuto studiare (e continuano a farlo) l'impatto della risata sul sistema neuroendocrino e immunitario, provandone la estrema efficacia.
	Agli albori della PNI psiconeuroimmunologia (madre della PNEI 
	psiconeuroimmunologia) -la branca della medicina che si occupa 
	dell'interazione tra il cervello, il sistema endocrino e il sistema 
	immunitario- Cousins rilasica una intervista che fa sobbalzare la comunità 
	scientifica: parla della capacità 
	del corpo umano di combattere la malattia descrivendola come una 
	delle meraviglie del mondo e sottolinea la crucialità della connessione tra 
	mente e corpo e i suoi effetti sulla salute.
	Cousins cita il caso di un giovane che a sei anni da una spietata diagnosi 
	di tumore 
	inoperabile e una decina di giorni di vita residua annunciata dal 
	medico, spiega come sia riuscito a disattendere la previsione: pare che sia 
	dovuto a una questione di atteggiamento, la 
	determnazione dichiarata a ribaltare il verdetto, la fiducia, l'ottimismo.
	
	Pare che "prenderla bene" (nutrire più in generale sentimenti positivi) può 
	effettivamente stimolare 
	la milza producendo un aumento dei globuli rossi e un corrispondente 
	aumento delle cellule che combattono il cancro, quelle cellule cioè che 
	hanno la capacità di distruggere 
	le cellule tumorali in maniera selettiva, una ad una, lasciando 
	intatto il tessuto normale, a differenza di quanto accade con la 
	chemioterapia, che non distingue tra cellule normali e maligne e fa fuori 
	tutto.
	
	Sono numerosi i progetti di ricerca che hanno indagato il rapporto 
	tra emozioni e salute, ha fatto scuola la ricerca eseguita sugli 
	studenti della Harvard Medical School sulle cui immunoglobuline è 
	stato osservato un aumento dopo aver riso guardando un film comico (come 
	faceva Cosusins, che andava pazzo per i Fratelli Marx).
	
	E' questo lo studio che ha reso obsoleta la nozione scientifica che voleva 
	una separazione tra il sistema nervoso centrale, quello endocrino e le 
	funzioni immunitarie. Ad oggi possiamo senza timore di essere smentiti che 
	tutte le forze positive, l'amore, 
	la speranza, la fede, la voglia di vivere, la determinazione, lo scopo, la 
	festa e le risate sono potenti antagonisti della depressione e aiutano a 
	creare un ambiente che rende le cure mediche più efficaci.
	
	E' per questo che non 
	ha senso contrapporre il potere di autoguarigione del corpo alle terapie 
	mediche: quando una malattia fa la sua comparsa, l'obiettivo è quello 
	di mobilitare tutto l'aiuto che può essere ottenuto, rimanendo 
	scettici e aperti come ama ricordarci Annette Goodheart, un altro 
	pezzo da novanta della risata terapeutica, a cui va riconosciuto il merito 
	di aver compiuto un salto di paradigma, facendo 
	della risata 
	una attività endogena, praticabile a piacimento e in modo del tutto 
	incondizionato.
	
	 
 
